mercoledì 5 giugno 2013

La recensione di Eritnes di Antonella Perazza


mer 29 maggio
Eritnes
di Juliano Dhembi, audio Mario Guida.



Eritnes rappresenta il primo atto di un lavoro di documentazione sulle possibilità che il nostro corpo ha di ascoltare i propri input, restituendoli attraverso una dimensione sensoriale.
Punto fermo del percorso è il lavoro sulla forza interiore e in particolare sul suo ascolto. Pensiamo per un attimo di tapparci le orecchie, anche se non ne abbiamo la necessità perché ci troviamo in un posto isolato. Iniziamo ad ascoltare, ad indagare nel profondo ciò che l’udito, isolandosi, percepisce.
Pensiamo alle sensazioni che ne scaturiscono. Strato sotto strato, scavando sempre più a fondo, isolando il suono del nostro respiro, arriviamo a percepire il nostro battito cardiaco.
Eritnes lo indaga, ne studia le possibilità. Capisce cosa innesca una tachicardia e la registra. Le sue sensazioni sono espresse tramite l’udito.
Immaginiamo, ora, di chiudere gli occhi. Frame rapidi, a volte impercettibili, si susseguono finché non riusciamo a identificarne qualcuno. Ma solo per qualche istante.
La velocità con cui si manifestano immagini e rumori è assimilabile ad un caos generativo che prova a cercare la strada per il proprio concepimento. Le sue emozioni sono espresse tramite la vista.
Che cosa potrebbe accadere a queste sensazioni se ad un tratto apparisse improvvisamente qualcosa di inatteso da una struttura inanimata?
In un’antica storia Inuit, un pescatore, credendo di aver preso un grosso pesce che l’avrebbe nutrito per chissà quanto tempo, rimane stupito quando si accorge di aver pescato una donna che “più lottava più restava impigliata. Inesorabilmente veniva trascinata verso la superficie, con le costole agganciate all’amo”[1].
Il pescatore se ne innamora e la loro diventa una simbiosi.
In Eritnes la simbiosi di suoni e immagini converge nella staticità di un tronco e nella sua successiva metamorfosi in una figura femminile che diventa protagonista.
La donna albero, una Dafne per una volta protagonista e non legata all’antico nome di Apollo, assume caratteristiche di rinascita. La percezione sensoriale è completa. Non resta che lasciarsi trascinare dalla sua forza primordiale.





[1] Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi, Milano, Edizioni Frassinelli, 1993, p.123.

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